Di oggi mi porterò dentro le strette di mano. Sincere, calorose, numerose. Tutti mi chiamano, tutti mi salutano… è anche questo il senso del mio lavoro. Tornare in una scuola e sentirsi a casa. Un “viaggiatore scolastico” vive anche di queste cose: riconoscere i volti, scambiare battute, avvertire che stiamo correndo tutti nella stessa direzione. E a proposito di corse, oggi il mio pensiero è andato più volte a quella maratona di Boston. Quei momenti, quelle immagini… come si può scrivere questa pagina di diario e non pensarci? Paura, dolore, vite giovani sconvolte. Ecco perché oggi, mentre attraversavamo chilometro dopo chilometro la costa ionica, dalla Basilicata alla Calabria, mi sentivo inquieto. L’azzurro profondo del mare era una carezza per gli occhi, ma il cuore restava altrove.
Poi, come sempre, ci pensa la bellezza a riportarmi qui, nel presente. Il castello di Roseto Capo Spulico appare all’improvviso, maestoso, come sospeso tra cielo e mare. Ogni volta mi toglie il fiato. Corigliano ci accoglie poco dopo. Qui abbiamo una delle nostre scuole di riferimento: tanti sorrisi, tante pacche sulle spalle, mi sento parte di una squadra. Entro nell’istituto assegnato oggi. Tutto fila liscio, senza intoppi. Finalmente.
La pausa pranzo è un tripudio di gastronomia locale, ma io ho ancora quella maratona nel cuore. Sportivo dentro, non riesco a restare indifferente.
Il pomeriggio riprende. L’incontro è impegnativo, ma avvolgente. Come spesso accade, la connessione traballa, ma riusciamo a risolvere. Due ore intense, dense, senza un attimo di pausa. La referente scolastica mi porge una bottiglietta d’acqua, un integratore, una bibita… quasi avesse intuito lo sforzo richiesto da quel momento.
Alle 17 si chiude tra applausi e ringraziamenti. Gli insegnanti si avvicinano, qualcuno con l’agenda ancora aperta, altri con mille domande, tutti con la voglia di capire, di crescere, di esserci. È finita anche oggi.
Raggiungo Luigi. Usciamo dalla scuola… il cancello è chiuso. Per arrivare all’auto dobbiamo fare un giro lunghissimo. Finalmente la raggiungiamo. Ma… non parte. Eccoci lì, io e Luigi in giacca e cravatta, a spingere a perdifiato. Riparte. Poi si spegne di nuovo. Riparte. Si spegne ancora.
Abbiamo ancora tanti chilometri da percorrere, saltiamo la cena e rientriamo direttamente in hotel, stanchi e affamati. Ma è andata.
Che giornata.
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