FIUMICINO – Il faro e il mare.

Quadro

Stamattina sveglia presto.
Esco di casa alle 6:45, rapido passaggio nel bar di un amico per assaporare il gusto di un buonissimo caffè, e poi via, in direzione Fiumicino (RM).

Le condizioni meteo non sono delle migliori…
Vento, nuvole, pioggia!

La mia amica radio, sempre pronta, mi avverte che il traffico è molto intenso.
È lunedì e piove. Un connubio perfetto per il caos.

Arrivo sul Grande Raccordo Anulare: tutto bloccato.
Il ticchettio battente della pioggia sembra voler rompere il parabrezza.
I tergicristalli fanno fatica a spazzare via l’acqua.
Un’ambulanza a sirene spiegate sfreccia alla mia destra, sulla corsia di emergenza… l’unica percorribile!

Rifletto.
Com’è lontana la tranquillità della natura incontaminata di qualche giorno fa…

Decido di uscire dal raccordo e imboccare una strada periferica.
Scelta azzeccata: 25 chilometri di strada libera tra le campagne romane.
La tensione si allenta.
Per un momento non mi sembra nemmeno di essere a Roma.

Mi ritrovo ai margini dell’aeroporto. Gli aerei mi passano sopra la testa, planando quasi sulla mia auto.
Potrei restare ore a guardarli, quei giganti del cielo…

Arrivo a scuola.
Mi accoglie una Dirigente garbata e sorridente, che mi ospita nella sua stanza.
Mentre attendo che concluda alcune pratiche, noto un dipinto appeso alla parete: un faro.
Vecchia sentinella, occhio amico che indica la strada sicura nell’immensità del mare.

Mi ci rivedo.
Anche io, in fondo, oggi sarò come un faro: orienterò chi mi ascolta, cercando di indicare una rotta.

Dopo circa mezz’ora, lo capisco dai volti e dalle parole: hanno già deciso.
Resta solo da organizzare il cambiamento.
Il Registro elettronico, con tutte le sue potenzialità, li ha conquistati.

Ci salutiamo.
Riparto in direzione Roma, ma il traffico è ancora lento.
Si procede allineati, come formiche.

Mangio un’insalata al volo e mi dirigo verso la seconda scuola.
Arrivo un po’ in anticipo, proprio nel momento dell’uscita degli studenti.

Che belli.
Che bella la gioventù, la spensieratezza, l’ingenuità dell’adolescenza.
Li osservo sorridere, scherzare, muoversi con naturalezza nei loro gesti spontanei.
Dentro di me, spero che ciò che sto per comunicare agli insegnanti possa servire — anche solo in parte — a migliorare il loro mondo scolastico.

Alle 14:30 una quindicina di giovani docenti mi attende nel laboratorio informatico.
Ancora prima di iniziare, mi pongono delle domande.
Capisco subito che ho davanti il futuro della scuola italiana: quella che tutti desideriamo, quella che ognuno di noi, nel proprio piccolo, deve contribuire a costruire.

Vado via felice.
Con la consapevolezza di aver mostrato loro qualcosa di realmente innovativo, quel qualcosa che, in fondo, aspettavano proprio da me.

Rientro a casa…
e subito mi metto al lavoro, per raccontarvi la mia bella giornata.

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