Tempi di funambolerie

Sullo smartphone, la scuola e l’apprendimento

di Paola Lisimberti

Cercavo una parola per ispirarmi nella scrittura di questo pezzo.

Una parola leggera e pesante al tempo stesso per coerenza con la rubrica che mi ospita.

Una parola per trasferire a lettori e lettrici il concetto chiave che mi ispira la vexata quaestio relativa all’utilizzo dello smartphone come strumento di insegnamento e apprendimento.

Pur possedendo in carne ed ossa – espressione che uso in omaggio a chi confessa di avere con i libri relazioni caratterizzate da tatto e olfatto – il Dizionario della lingua italiana dell’uso di De Mauro (Utet), ho preso l’abitudine di frequentare anche https://www.treccani.it/vocabolario/vocabolario/ per documentarmi.

Ebbene, ho cercato “funamboleria” ma non l’ho trovato, però suona meglio di “funambolismo”, che – al contrario – è documentato al link seguente https://www.treccani.it/vocabolario/funambolismo.

Leggo molto – molto più in digitale, posso modificare la pagina come voglio e non indossare gli occhiali – e spesso mi imbatto in vere e proprie funambolerie, cioè tentativi di restare in equilibrio, maldestramente in equilibrio tra diverse direzioni se si parla di smartphone e scuola.

E certo: come si farebbe ad accontentare conservatori e progressisti, nostalgici e rampanti, tradizionalisti e innovatori se non rimanendo in equilibrio non su una corda, ma sull’illusione che ci sia una corda?

Funambolerie

Ho preso l’abitudine a frequentare la Treccani online – dicevo – con grande soddisfazione.

Quando andavo a scuola questo nome – Treccani – era una specie di sogno per me, quanto mi sarebbe piaciuto possedere una libreria con la Treccani!!!

Ma posso consultarla adesso, online, senza odore, senza tatto, ma se cerco “vexata questio” trovo questo link https://www.treccani.it/vocabolario/vexata-quaestio/ e lo posso consultare diverse volte, anzi, tutte le volte che voglio.

E non ho remore a confessare di diffondere il vizio di consultare il vocabolario su Treccani.it anche tra le studentesse e gli studenti, se necessario approfondire un termine anche in classe durante la lezione. 

Ecco, sono caduta, perché confessando non sono riuscita a rimanere in bilico.

Già, non mi sento equilibrista e – tutto sommato – la questione dello smartphone non mi prende più, al contrario mi annoia, la trovo – ormai –  priva di interesse. 

Dovremmo concentrare il nostro interesse di insegnanti sulle metodologie e gli strumenti, imparando a governare le tecnologie senza subirle.

D’altronde, è lapalissiano che frequentando Treccani.it si imparino un sacco di parole in più….

#funambolerie #aperiscuola


Paola Lisimberti: Insegnante di Italiano e Latino, attualmente dottoranda di ricerca in Scienze delle Relazioni Umane presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione dell’Università degli studi di Bari. I suoi interessi di ricerca sono rivolti alle metodologie didattiche innovative, alla robotica educativa, all’e-Learning.

1 commento su “Tempi di funambolerie”

  1. Ciao Paola, complimenti per l’articolo. Per sapere una cosa in più, se la parola funamboleria non esiste è corretto scriverla senza virgolette come ho fatto io qui e tu nell’articolo?

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